SPECIALE MOSTRA MONET

SPECIALE MOSTRA MONET 2015

 

CLUB UNESCO DI ROMA

 

 

 

 

 CLAUDE MONET " L'INVISIBILE TRATTO " 

 

 Palazzo Ferrajoli, Piazza Colonna 355, Roma 

 

5 /13 giugno 2015

orari di apertura :

tutti i giorni, 10.00- 13.00,  15.00 - 19.00

 

La Mostra è stata voluta ed allestita dal Club Unesco di Roma, a sostegno dell'attivita di Africaproject onlus, presso Palazzo Ferrajoli a Roma. 

L’esposizione di undici opere grafiche originali di Claude Monet, conservate in quella stessa cartella che fu del padre degli impressionisti, costituisce di per sé un evento raro e di altissimo livello culturale; a ciò si aggiunge il valore benefico e solidale di un’iniziativa che porterà un importante contributo alle attivita' di Africaproject.

 L’esposizione delle inedite, rare e preziose opere di C. Monet presso Palazzo Ferrajoli è un’opportunità straordinaria per permettere a tanti bambini del Kenya e alle loro famiglie di sopravvivere e di sperare nel futuro.

Infatti, la raccolta delle 11 opere grafiche, appartenente a una collezione privata, è stata messa a disposizione proprio per sostenere Africaproject onlus.

 L’ esclusiva esposizione di opere, per la prima volta a Roma, uniche nella produzione artistica di Claude Monet, rappresenta un’opportunità culturale straordinaria.

 

L'ARTE E LA GRAZIA

 

 

«Mentre voi indagate il mondo in se, il mio sforzo è semplicemente diretto verso la quantità delle sue forme nel loro rapporto con la realtà ignota. Quando si è in armonia con ciò che appare, non si può essere molto lontani dalla realtà o almeno da quanto di essa siamo in grado di comprendere.
Io ho sempre solo osservato quanto il mondo mi permetteva di vedere per renderne testimonianza con la mia pittura. Il vostro errore è quello di voler ricondurre il mondo entro le vostre dimensioni, sebbene una maggiore conoscenza delle cose dovrebbe accrescere anche la conoscenza di voi stessi».

Claude Monet.

 

 

Dalla presentazione di Claudio Strinati a " Monet l'invisibile tratto "

 Alessandro de'Spagnolis, ed. Dike Giuridica

 

«In una data che non è precisabile in modo assoluto ma probabilmente da fissare al 1894 veniva pubblicata dal mercante di quadri J. Mancini, titolare di una ragguardevole galleria nel pieno centro di Parigi, un album in edizione limitata di venti litografie di Claude Monet incise dallo specialista inglese, ma di madre francese, William Thornley all’epoca quarantenne.

In una recente e pregevolissima pubblicazione sul Monet meno noto (J.A. Ganz-R. Kendall, The Unknown Monet. Pastels and Drawings, edito dallo “Sterling and Francine Clark Art Institute” di Williamstown-Massachusetts) gli autori ricostruiscono la vicenda di questa singolare e rarissima pubblicazione, che definiscono come una mini-retrospettiva dell’arte di Monet in forma di incisione, tale da fornire un conciso ragguaglio dei suoi dipinti del periodo che va dal 1877 al 1892 comprendenti un buon numero di opere del maestro che altrimenti non sarebbero state conosciute dal grande pubblico durante la sua vita.

In quegli anni a Parigi la tecnica della litografia a colori era stata ampiamente sviluppata da numerosi esperti e con notevole successo ma è notevole osservare come Monet stesso fosse invece molto alieno dall’uso di un simile metodo ed anzi è ben documentato come egli si vantasse di nonavere mai fatto una litografia in vita sua. Nondimeno dovette accettare di buon grado la pubblicazione dell’album di Thornley che comprende immagini bellissime e altamente significative di tutta la sua carriera di artista. Le copie conservate dell’album sono ormai pochissime e quindi può risultare interessante riproporlo oggi essendone stato ritrovato un esemplare in eccellenti condizioni, che viene per l’occasione riprodotto. Monet dovette seguire e approvare personalmente la stampa delle litografie perchè ognuna reca la firma sua e dell’incisore. Un certo mistero, tuttavia, resta legato a questa peraltro splendida pubblicazione. Ganz e Kendall notano comeMonet nelle sue corrispondenze non citi mai questo album e il solo fatto che la data di pubblicazione non sia indicata sull’album stesso non può non sorprendere. La cosa ha una certa incidenza perchè in definitiva, non sono chiari gli intenti di Monet nel promuovere la pubblicazione.

Ganz e Kendall, infatti, spiegano come la maggior parte dei dipinti riprodotti nell’album si datino intorno alla metà degli anni ottanta dell’Ottocento e non siano dunque opere “recenti” vicine cioè al momento della pubblicazione dell’album, come se Monet, pensando per certo che le scelte siano state operate da lui stesso, avesse voluto esaltare una ben precisa fase della suaparabola che non era la più vicina all’atto del concepimento dell’album. Dunque la raccolta di queste venti litografie assume quasi l’aspetto di un vero e proprio giudizio critico portato dal maestro sulla propria opera. Le reazioni del pubblico e della critica al tempo della pubblicazione sfuggono agli storici dell’arte. Testimonianze dirette da parte di Monet non ce ne sono, né si trovano tracce esplicite sui giornali e riviste del tempo. Verrebbe quasi da pensare che la pubblicazione di Thornley passasse inosservata. Ma se così fu (e non abbiamo elementi esaurienti per poterlo asserire con certezza) potrebbe essere accaduto proprio per l’estrema preziosità e raffinatezzadel lavoro.

 Questa raccolta, infatti, fa emergere la dimensione più intima e delicata dell’arte di Monet. Basta vedere come Thornley rilegga e riproduca certe opere del maestro estraendone quel carattere di quasi ingenua stupefazione che Monet pose sempre al centro del suo approccio con le cose e con la Natura. Sia che si tratti delle Tre barche da pesca (litografia tratta da un dipinto del 1886 oggi al Museo Nazionale di Budapest), sia che si tratti di famose immagini emblematiche come quelle dei Covoni al tramonto, con le ombre disegnate con lo stesso tratto con cui sono delineate, in un’altra litografia, le Scogliere di Belle-Ile, sempre rifulge quella caratteristica tipica di Monet che magistralmente trasposta nell’incisione litografica, consistente nell’amalgama del segno che investe tutte le cose rappresentate e le trasforma in una sorta di “identità della diversità” delle luci e delle conseguenti percezioni, in una specie di religione laica che sacralizza ciò che vede conferendo a tutto la stessa sostanza.

Da questo punto di vista scaturisce sul serio un giudizio criticamente orientato, che attesta implicitamente quale avrebbe potuto essere il pensiero di Monet sul suo stesso lavoro nel momento in cui il maestro stava entrando nella lunga fase finale. L’album Thornley, quindi, rappresenta un autentico punto fermo nella luminosa carriera del patriarca degli impressionisti e un degnissimo spazio di contemplazione per ogni amante dell’arte e della pittura in particolare sia pure passata al vaglio dell’incisione litografica».

Claudio Strinati 

 

OMELIA DI PAOLO VI

Solennità dell’Ascensione di Nostro Signore
Giovedì, 7 maggio 1964

 

…come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri. È il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è proprio quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità. E non solo una accessibilità quale può essere quella del maestro di logica, o di matematica, che rende, sì, comprensibili i tesori del mondo inaccessibile alle facoltà conoscitive dei sensi e alla nostra immediata percezione delle cose. Voi avete anche questa prerogativa, nell’atto stesso che rendete accessibile e comprensibile il mondo dello spirito: di conservare a tale mondo la sua ineffabilità, il senso della sua trascendenza, il suo alone di mistero, questa necessità di raggiungerlo nella facilità e nello sforzo allo stesso tempo.

Questo - coloro che se ne intendono lo chiamano «Einfuhlung», la sensibilità, cioè, la capacità di avvertire, per via di sentimento, ciò che per via di pensiero non si riuscirebbe a capire e ad esprimere - voi questo fate! Ora in questa vostra maniera, in questa vostra capacità di tradurre nel circolo delle nostre cognizioni - et quidem di quelle facili e felici, ossia di quelle sensibili, cioè di quelle che con la sola visione intuitiva si colgono e si carpiscono -ripetiamo, voi siete maestri. E se Noi mancassimo del vostro ausilio, il ministero diventerebbe balbettante ed incerto e avrebbe bisogno di fare uno sforzo, diremmo, di diventare esso stesso artistico, anzi di diventare profetico. Per assurgere alla forza della espressione lirica della bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere il sacerdozio con l’arte.

 

PALAZZO FERRAJOLI

Eretto sull’angolo del Corso di fronte a Palazzo Chigi e alla Colonna Antonina, edificata nel 183 d.C., Palazzo Ferrajoli sorge nell’area sulla quale in origine erano le case Del Bufalo - Cancellieri, famiglia di antica nobiltà romana fusa con i Cancellieri di Pistoia. Imparentati con le più insigni famiglie romane, i Del Bufalo rivestirono cariche civili nella Curia e in Campidoglio, dando il nome alla piazza che nel ‘500 era detta dei Cancellieri. 

Rimodernato una prima volta nel 1561 dall’Architetto Giacomo Della Porta, nel 1602 il Palazzo fu ristrutturato per opera di Francesco Paparelli assumendo l’aspetto attuale. Fu dimora di altri prelati, uomini d’armi e cardinali.

Nel 1728 l’edificio passò definitivamente ai Marchesi Niccolini, a seguito del matrimonio di una delle figlie del Del Bufalo. 

Durante l’impero napoleonico vi abitò il Cardinale Giuseppe Fesch, zio di Napoleone Bonaparte ed ambasciatore di Francia a Roma.

 Palazzo Ferrajoli, Piazza Colonna 355, Roma